giovedì 24 aprile 2008

Padre Pio, silicone e cadaveri che puzzano


«Il lavoro che abbiamo dovuto svolgere è stato impegnativo, ma il risultato finale è davvero soddisfacente».

«C’è stato innanzitutto un bagno di alcool e formalina ad alta concentrazione [...]. Quindi il corpo è stato avvolto con bende e ovatta impregnata di una soluzione mummificante a base di creosoto, trementina, acido benzoico e altre sostanze».
«
La difficoltà maggiore è stata causata dal fatto che il corpo era molto bagnato, [...] ci siamo perciò meravigliati quando abbiamo constatato che il corpo non emanava cattivo odore. Nella ricognizione abbiamo riscontrato che i tegumenti sul volto ci sono tutti. Le fosse orbitarie e le pinne nasali ovviamente non si trovano mai, ma i padiglioni auricolari e le labbra li abbiamo trovati. Anche barba e baffi erano in buone condizioni e abbiamo potuto sistemarli bene. Quando è entrato il padre generale dei Cappuccini è rimasto di stucco: ha detto che sembrava stesse dormendo»
.
Nonostante l'
assenza di cattivo odore, il cranio è parzialmente scheletrizzato. Il problema sarà aggirato con la sottile maschera di silicone color carne che riproduce le sembianze di Padre Pio, arrivata tre giorni fa a San Giovanni Rotondo.


«Quando, prima ancora che facesse giorno, misero dentro la bara il cadavere [...], qualcuno tra i presenti domandò se si dovessero aprire le finestre. La domanda, fatta incidentalmente non si sa da chi [...] rimase senza risposta [...] ma unicamente perché l'idea che il cadavere di un uomo simile potesse decomporsi e puzzare parve loro una vera assurdità. [...] Il fatto è che dalla bara cominciò ad uscire, a poco a poco, ma sempre più insistente, il lezzo della putrefazione
»

I fratelli Karamazov - Fedor Dostoevskij

lunedì 21 aprile 2008

St.-Jaques poêlés avec pomme de terre écrosé


Lucia: Scusate... vi abbiamo sentito parlare in italiano... visto che avete già finito, potete consigliarci qualcosa da mangiare?


Vicini di tavolo:
Oddìo, guardi, non saprei proprio: non so bene neanche cosa ho mangiato...

Lucia:
Ma i camerieri?

Vicini:
Lasci perdere, non sanno una parola d'inglese, non dico italiano... abbiamo chiesto alla cameriera di portarci quello che piaceva a lei! Se fa col menù è un casino!

Lucia:
Ehm, grazie...



Renzo:
Cocca, ho portato il dizionarietto tascabile. Siamo organizzati, noi! Altro che turisti-fai-da-te!

Lucia:
Ah, bene. Allora guarda questo. San Giàc polè avec pom de ter ecrosè.

Renzo:
Allora. San Giàc: p, q, r, sa, san: non c'è. Vabbè, sarà la preparazione, tipo "filetto alla San Giàc". Poi cosa c'è?

Lucia:
Polè.

Renzo:
Pulè?

Lucia:
Polè, pulè, che ne so..

Renzo:
Ecco qua: pulè. Pollo. Pomme de terre: patate. Ecrosè: schiacciate. E allora! Pollo alla San Giàc con purè di patate. Visto? Non è che mangino poi 'ste stranezze i francesi.

Lucia
: Dài, prendo questo. E tu?


Renzo
: Fuà grà. Piuttosto, il pollo col purè lo mangi pure in italia, prendi qualcos'altro!


Lucia
: Manco morta. Sono due giorni che non mangio. Oggi vado sul sicuro.




Lucia:
Uh, che meraviglia... Guarda, il pollo tagliato a palline!

Renzo:
Allora? Com'è la tua delicatesse fransuà?

Lucia:
Cristodiddìo! Ma questo non è pollo! Sembra... lardo di maiale arrosto!

Renzo:
Aspetta, assaggio. Bedda matri, cosa caspita è 'sta cosa?



Renzo:
Meat?

Cameriera:
No, no meat.

Renzo:
Vegetable?

Cameriera:
Nononò!

Renzo:
Fish?? Is it fish?

Cameriera:
No... non exactement..

Renzo:
Non esattamon? What the hell is it? Carne non è, vegetabol non è, fish non esattamon?!

Cameriera:
Escusa me, andare... no capisco

Renzo
: Va' stòccati 'i corna!



Lucia:
Pronto? Marì? Scusami, che vuol dire San Giàc polè? Capechè? Capesante fritte. Il mollusco? Sì. No, niente conchiglia, se la sono tenuti loro. Grazie Marì.

mercoledì 9 aprile 2008

La skyline dal bilocale e la Ricerca della Casa Perfetta


Renzo:
Certo che la vista è magnifica.
Lucia: Stupenda!
Renzo: La rimpiangeremo.
Lucia: E già!
Renzo: Interrompiamo la ricerca?
Lucia: Neanche morta.
Renzo: Menzaparola.

lunedì 7 aprile 2008

Lo stufato selvaggio del Kazakistan.


Lucia è ad una cena di lavoro.

Abbiamo fatto il test e si è scoperto perché a me piacciono cose come vino rosso, extrafondente 99%, carni rosse, roba piccante, mentre lei preferisce prosecchini, risottini al limone, spigole al sale con filo d’olio.
Lei è una ipersensitiva, io un tollerante. Siamo agli antipodi gastronomici.

Ma questa sera sono in libera uscita e rispolvero uno dei pezzi forti della mia cucina da studente:

Lo stufato selvaggio del Kazakistan.

Ovviamente col Kazakistan non ha niente a che fare. Ma ai minchioni suonava abbastanza nomade della steppa che mangia al bivacco.

Innanzitutto mi raccomando a San Maillard: rosolo e rosolo e rosolo il mio pezzo di biancocostato, finché non diventa brunito. Che tutti gli aminoacidi si uniscano ai glucidi, che nascano tante nuove molecoline di bis(2-metil-3-furil)- disolfuro!
Quando il fondo della pentola è completamente incrostato, tolgo dal fuoco e sciolgo le croste con due o tre cucchiaiate di aceto balsamico.

A parte ho stufato due cipolle rosse, una carota e una costa di sedano con un po’ d’acqua, olio, aceto bianco, sale, un pizzico di erbe aromatiche. Quando le verdure sono cotte, faccio asciugare e rosolo per cinque minuti. Poi verso sulla carne. Aggiungo anche un cucchiaio di estratto di pomodoro e due perini rossi maturi. Il pomodoro è ricco di glutammato e il glutammato è saporito.

Guardo il tubetto della pasta d’acciughe. Anche la pasta d’acciughe è ricca di glutammato. Spremo - non spremo – spremo - non spremo - spremo.
Poi decido che va bene anche senza.

Se non s’è ancora capito, sto cercando uno shock per le mie papille. Sono mesi che mi nutro di pietanze delicate, vini leggeri. Voglio che il sapore di questo stufato si imprima definitivamente sul mio palato, che insaporisca i cibi insipidi dei prossimi giorni.

Tre mestoli d’acqua e chiudo la pentola a pressione. Cuocio per 60’.

Fame.
Sono agitato, salivazione impetuosa.
Apro il frigo, guardo la maionese.
No! Resistere-resistere-resistere.
Chiudo. Accendo la tv. Non c’è una beneamata fava.
Ancora mezz’ora. Merda.
Trito il prezzemolo. Lo polverizzo.

Apparecchio la tavola. Preparo la macchina fotografica. Ancora dieci minuti. Stabilisco su due piedi che 50 minuti di cottura sono più che sufficienti. Apro tutte le valvole e faccio sfiatare la pentola a pressione. Guardo dentro e quello che vedo mi soddisfa: il fondo è molto ristretto.
Tiro su la carne, frullo le verdure. Verso la passata nella ciotola. Poi la carne.
Spolvero di prezzemolo, due giri di macinino, filo d’olio.
Mi verso il vino. Cerasuolo di Vittoria DOCG. Qualche decennio fa lo usavano ancora come vino da taglio.

Ci siamo.

Sto per assaporare il primo cibo saporito da mesi a questa parte.
So già che la mia mente tornerà indietro. A quando coi minchioni si mangiava focaccia con le cipolle, amatriciana, puttanesca. Taleggio, gorgonzola, fontina.

Ricorderò i salumi affumicati di Tomek, con una punta di cren polacco, accompagnati da Zubruvka ghiacciata. Vodka secca, altro che tocai. Altro che riesling.

Adesso scusatemi, devo lasciarvi.
Auguratemi buon viaggio.


Lucia: Amoreee! Sono tornat… CRISTO SANTO!

Renzo: Buurrrrp!

Lucia: Ossignùr, cos’è questa puzza? Hai fatto un barbecue con le finestre chiuse? Hai preparato il rancio per la truppa?

Renzo: Massì, massì… che vuoi che sia…

Lucia: Apriamo tutto! Uff, finalmente si respira!


Renzo: Allora, com’è andata la cena di lavoro?

Lucia: Abbiamo mangiato benissimo!

Renzo: Cos’hai preso? Risottino ai carciofini pallidini? Fettina di polletto bollito con insalatina delicata? Ravioli di magro agli inodori?

Lucia: Sì, ravioli! Sai quei casoncelli bergamaschi? Quelli burro salvia e pancetta affumicata? Saporitissimi. E poi un arrosto di coppa che non ti dico, bello tostato. E mi sa che ci ho bevuto sopra troppa barbera. Ragazzi che cena!

giovedì 3 aprile 2008

La realtà è Ralph, la realtà è Daniela che uccide Claudio


Ha ragione Leonardo: Tutta la vita davanti è un film spendidamente paradossale. Virzì mette in scena storie estreme, estremamente vere.

Perché - come ci insegna la cronaca - la realtà è l'amante tradita che uccide per delusione, la realtà è la ragazza madre che si prostituisce, la realtà è il venditore di aspirapolvere costretto a fare il giro dell'isolato nudo.

La realtà è Ralph, come scrive il Re.

«[...] aveva raccolto con rabbia il giornale e lo aveva sfogliato fino all'ultima pagina per mostrarle un articolo in una rubrica intitolata Questo strano mondo. Il titolo era «Cane ritrova la via di casa dopo tre anni». Raccontava la storia di un collie di nome Ralph, perso durante una vacanza della sua famiglia a Port Charlotte, Florida. Tre anni dopo Ralph si era ripresentato all'abitazione dei padroni a Eugene, Oregon. Era magro, senza collare e con qualche vescica sulle zampe, ma nel complesso stava abbastanza bene. Aveva semplicemente percorso il vialetto di casa, si era seduto davanti alla posta e aveva abbaiato perché lo facessero entrare. «Secondo te che cosa ne penserebbe Monsieur Carson Foray se trovasse una storia così su un mio libro?» aveva esclamato Scott [...] «Credi che mi sparerebbe un fax per dirmi che scricchiola un po', vecchio mio?» [...] «E ti dirò una cosa, Lisey», era sbottato, «i romanzieri sono costretti a sgobbare ostacolati da handicap tremendi. La realtà è Ralph che ricompare dopo tre anni e nessuno sa perché. Ma un romanziere non può raccontare una storia così! Perché scricchiola un po', vecchio mio!»

Stephen King - La storia di Lisey