mercoledì 26 dicembre 2007

Pranzo di natale

- Tutti in piedi, tutti in piedi! Oh, là in fondo, susìtivi!
- In piedi, lo sentite allo zio?
- Nel nome del padre, figlio e spiritosanto. Padrenostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome [...] e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male.
- Ave Maria, piena di grazia, il signore è con te [...] Santa Maria, madre di Dio [...] nell'ora della nostra morte, Amen
- Signore, ti ringraziamo per averci qua riuniti, benedici questo cibo... e Buon Natale e Buon appetito a tutti!

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- Ma chi eni 'stu fuà ggrà?
- Patè di fegato, nonna, l'ha portato zia Cecile
- Arriva la minestra di cappone!
- Io non la voglio!
- Ma come, è fatta col gallo di Turi!
- Zio, ma che l'hai ammazzato tu?
- ... e poi lo stomaco e le budella, tutto tritato...
- si tagliava di sutta e ci luvavano li cosi...
- cosa gli toglievano, nonno?
- li cosi... li baddi...
- i coglioni nonno?
- E poi si cusìva, e accussì si faceva lu cappuni. E poi ci tagliavano la cresta per distinzione, e poi sulla cresta si mintìa la cenere di aulivu, sennò troppo sangue perdeva...
- Ma che schifo!
- Un po' di lasagne per il nonno!
- No, che non ne può manciare! Il diabbete
ci ha!
- Chi lo vuole il crasto?
- ... crastò?
- L'agnello, zia Cecile
- Se nessuno vuole la coscia del crasto...
- Chi vuole la coda?
- Io lo voglio, il boccone del papa!
- Basta che poi ti viene l'acidità.
- Tanto due malox
mi sono preso.
- ... e la testa del crasto si spaccava a metà, poi così com'era si ci metteva di sopra putrisino, il prezzemolo! il pan grattato e l'aglio, tutto tritato e nel forno, e poi si manciava col cucciarino...
- Ma che schifo!
- Eric, vieni qua! Tu accà devi stare, a comer cu la grandmèr!
- passionfrut!
- Eeeeh?!
- Passionfrut ti dissi!
- Cheee?!?!
- Passionfrut, lu fruttu di la passioni!
- Ahhh..


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- ... la torta sacher l'ha portata lo zio Turi, la cassata l'ha portata lo zio Leonardo, il panettone artigianale con la crema di pistacchio l'ha portata lo zio Rocco, e l'agnello dolce di mandorle e pistacchi l'ha fatto la zia Pina, invece la zia Cetti ha comprato un agnello pasquale da Spinella...
- Questa non è sacher, questa è una torta savoia!
- ...e le paste di mandorla le ha portate lo zio Caloggero, il passito l'ha portato Renzo...
- L'hai mangiato il panettone? Lo DEVI assaggiare!
- ... BURP!


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- Certo che facciamo schifo, abbiamo mangiato come i porci...
- Pokerino?

venerdì 21 dicembre 2007

Il nostro secolo (I)

«Nel nostro secolo [...] gli uomini si sono divisi tutti in tante singole unità, ognuno si ficca nel proprio buco da solo, si allontana dagli altri, si nasconde e nasconde quello che ha, e così va a finire che respinge lontano da sé gli altri uomini e viene a sua volta respinto, sempre per colpa sua. Accumula ricchezze in solitudine e pensa: «Come sono forte ora, come sono al sicuro!» E non sa, questo sciocco, che quanto più accumula, tanto più affonda in un'impotenza che è autodistruttiva. Perché si è abituato a sperare solo in se stesso, e si è staccato del tutto isolandosi, ha abituato la sua anima a non credere nella solidarietà umana, negli uomini e nell'umanità, e trema soltanto all'idea di perdere il suo denaro e i diritti acquisiti con esso

Fedor Dostoevskij - I fratelli Karamazov
BUR pag 406-407.

giovedì 13 dicembre 2007

Ulisse a cold mountain


Perché gli sceneggiatori italiani non riescono a scrivere un bel filmone come Ritorno a Cold Mountain? Lo sceneggiatore di questo film è riuscito simultaneamente a:


1) Raccontare una vicenda storica molto importante per gli USA: la guerra di secessione;

2) Raccontare l'immancabile storia d'amore tra Jude Law e Nicole Kidman (sempre Hollywood è);

3) Citare esplicitamente l'Odissea, con tanto di Calipso, Proci e maga Circe;

4) Ricordare che la guerra è sopratutto morte, sangue, distruzione, atrocità;

5) Inserire un bel finale: non un banale lieto fine ma un piccolo, emozionante colpo di scena.

Perché un regista americano riesce ad attingere a queste fonti di ispirazione, mescolare tutti questi temi e creare un'opera ricca, coinvolgente, multilivello?

Perché gli sceneggiatori italiani non riescono a produrre altro che noiosissimi film intimisti che nascondono un vuoto profondo di contenuti sotto l'aura posticcia del "non commerciale"?

Boh.

lunedì 10 dicembre 2007

Non mi toccate il timballo di riso!


Avviso ai naviganti: qua non troverete una ricetta del timballo di riso siciliano. Ma in un altro post c'è la ricetta dei timballini delle due marie, inoltre su cookaround c'è una appetitosissima ricetta fotografica.

«"L'osso e la lisca" si è complicata la vita preparando il timballo, piatto che richiede grande maestria e che incarna un po' la cucina dalla quale la Sicilia si vuole allontanare»

Leggo questa frase e ho un sussulto. Bedda Matri, siamo già a tanto? Il timballo di riso sarebbe "la cucina dalla quale la Sicilia si vuole allontanare"?

Ok, cominciamo dall'inizio.

C'è questa divertentissima sfida tra foodblogger, l'IRONBLOG. I partecipanti si sfidano due alla volta, creano un piatto con gli ingredienti obbligatori e lo fotografano. Il verdetto lo dà uno chef, diverso ogni volta.

Questa sfida mi prende, è tra due palermitane doc: le meravigliose Bian di L'osso e la lisca e Viviana di Cosa ti preparo per cena.

Salivazione a tutta manetta: le due ci sanno fare, non saprei proprio cosa scegliere tra il tiballino di triglie di Bian e le triglie con arancini di Viviana.

Chi giudica? Urca, Ciccio Sultano, il sicilianissimo e stellatissimo chef del ristorante "Duomo", a Ragusa Ibla.

Corro a leggere il verdetto e...

«"L'osso e la lisca" si è complicata la vita preparando il timballo, piatto che richiede grande maestria e che incarna un po' la cucina dalla quale la Sicilia si vuole allontanare».

Nooo... si vuole allontanare... da cosa? Matri mia, dove va la Sicilia? In mia assenza, dove sta andando la cucina Siciliana? Cosa mangerà mia madre questa domenica? Cosa mi preparerà a Natale, quando tornerò a casa per tre giorni? Patrefigghiu e spiritu santu.

Luciuzza: "dalla quale la Sicilia si vuole allontanare"?

Renzu: Sì!" Proprio così.

Luciuzza: Ma cchìa, vero dici?

Renzu: Se, ti dicu!

Luciuzza: Ma cchìa, scimunìu?

Renzu: E cu lu sapi... C'avissi carùtu na pignata nta testa?

Luciuzza: Voi vidiri ca iddu mancu lu sàpi fari lu timballu di melanzani? Come lu facìa me nanna, bon'armùzza!

Renzu: ppi ddavèru!

Il fatto è che da quando vivo, anzi viviamo a Pavia, ci siamo resi conto che il cibo, alla fine di tutto, è solo memoria, ricordo, dopo aver mangiato è la sola cosa che vi resta.

Ecco, il timballo di melanzane di mia nonna, anzi il ricordo di quel timballo.

Se mi chiedessero:

Dio: Cosa vuoi mangiare a pranzo, domenica prossima?

io: Il timballo di nonna Maria. E se posso permettermi, vorrei anche il marsala di nonno Giovanni, grazie.

Dio: Allora, un timballo di nonna e un vinu viecciu. Nient'altro?

io: no grazie, per adesso a posto così. Magari dopo guardo i dolci.

Mi vedo già a scavare tra i chicchi di riso in cerca delle melanzane fritte.

Va bene, ho scherzato. Queste cose il Sultano le sa bene. Guardate cosa scrive sul suo sito:

«Il Leit Motiv è "riscoprire e riportare alla luce i sapori perduti della tradizione e rinnovarli

Insomma, rinnoviamolo, 'sto timballo, alleggeriamolo, monodosiamolo, chiamiamolo "tortino", decoriamolo, abbelliamolo come mai la nonna di nessuno ha fatto, purché al primo morso avvenga la magia, perché il buon cibo [...] è quello che ci restituisce per un attimo l’infanzia perduta.

venerdì 7 dicembre 2007

Dejavu

«Il significato corrente del termine "romantico" deriva [...] dal riconoscimento del valore [...] attribuito al sentimento: una categoria spirituale che l'antichità classica aveva ignorato o disprezzato, che il settecento illuministico aveva riconosciuto nella sua forza e che nel romanticismo acquista un valore predominante. Questo valore predominante è la principale eredità che il romanticismo riceve dal movimento dello sturm und drung che aveva contrapposto il sentimento, e con esso la fede [...] alla ragione, ritenuta incapace, nei limiti che ad essa aveva prescritti Kant, di attingere la sostanza delle cose o le cose superiori e divine».


Rileggo questo brano, tratto dal quarto volume dell'enciclopedia di Abbagnano. Si tratta dell'introduzione al capitolo sul romanticismo.

Immediato, arriva il
dejavu.

giovedì 6 dicembre 2007

Sentirsi a casa, nonostante Bossi (2)


Lucia: Sput, bleah! Cos'è 'sta roba?!

Renzo
: Uè, testina! Non riconosci il bollito col bagnèt verd?

Lucia
: Sì, ma cosa hai messo in questa poltiglia verde? C'è l'aglio, vero?

Renzo
: ehmssì... aglio, acciughe, uova, prezzemolo..

Lucia
: ah, stasera ci siamo buttati sul macrobiotico!

Renzo
: Ma è la ricetta originale, la nonna della mia collega la fa precisamente...

Lucia
: Chissene!

Renzo
: E le radici in Sicilia e i frutti in Lombardia?

Lucia
: Be', giusto un'albero d'aglio dovevi coltivare?

martedì 4 dicembre 2007

Sentirsi a casa, nonostante Bossi (1)


Renzo: Uh! Cos'è?

Lucia
: Ossobuco alla milanese.*

Renzo
: Ma siamo siciliani!

Lucia
: Embé? Viviamo a Pavia.

Renzo
: E le radici?

Lucia
: Le radici in Sicilia, i frutti in Lombardia.

Renzo
: mmmh... Mizzica, è buono!

Lucia
: Tel chi, el terùn!

Renzo
: Vadavialciap!


* anche finger food!

lunedì 26 novembre 2007

Chi ha paura di Darwin? Breve intervista a Telmo Pievani


Elio Sgreccia , intervenuto al congresso organizzato dall'Ateneo Pontificio 'Regina Apostolorum' sostiene che "non c'è contraddizione tra creazione ed evoluzione, purché si mantengano alcuni punti fermi". Quali sono i punti fermi?

- Primo: l'evoluzione è governata da un disegno superiore;

- Secondo: l'uomo è ontologicamente diverso dalle bestie.

E fin qui, niente da ridire. Il problema nasce se, attorno a questi capisaldi si costruisce una 'teoria', le si da il nome intrigante di ' Intelligent design' e si pretende di insegnarla nelle scuole come alternativa all'evoluzionismo darwiniano. E se proprio non si riesce a vendere l'I.D. come teoria scientifica, allora basta affermare che neanche il neodarwinismo è una teoria scientifica. Leggendo in giro varie critiche su questo tono, mi sono chiesto e richiesto come avrebbe risposto Telmo Pievani , che avevo sentito ad una conferenza lo scorso febbraio. Alla fine mi sono deciso, gli ho scritto. Ne è venuto fuori questa breve intervista.


Renzo: Gli evoluzionisti spesso non accettano di confrontarsi su un piano scientifico con i sostenitori dell'ID, affermando che questa teoria non può essere considerata scientifica. Il confine tra scienza e non scienza è molto labile, con quali argomentazioni si può affermare la non scientificità dell'ID?

Telmo: Gli scienziati fanno bene, a mio avviso, a non accettare confronti con creazionisti o neocreazionisti in contesti istituzionali e scientifici che diano una implicita patente di plausibilità all'interlocutore. Devono invece imparare ad accettare il confronto sui media generalisti, per evitare che un pubblico di non esperti sia esposto a opinioni tendenziose senza un contraddittorio ben argomentato. L'ID non è scienza perché non ha una base empirica, non ha inferenze logiche e argomentative fondate e non è nemmeno una buona controversia perché non coglie reali punti deboli del programma di ricerca evoluzionistico. E' una dottrina teologica o filosofica. Infine, non regge ad un semplice ragionamento per assurdo: se un progettista intelligente fosse stato davvero all'opera nella storia naturale, non sarebbe stato per nulla "intelligente".


Renzo: Con quali argomentazioni è possibile sostenere la scientificità della teoria dell'evoluzione? In particolare, la teoria dell'evoluzione è falsificabile?

Telmo: Certamente. La teoria dell'evoluzione può generare moltissime "predizioni rischiose" che uno scienziato può falsificare o corroborare, anche in laboratorio. La componente storica della spiegazione evoluzionistica, poi, non esclude affatto che sia verificabile e che ipotesi alternative siano sottoposte alla prova dei fatti accertati.


Renzo: La teoria dell'evoluzione è un "paradigma utile" in termini di capacità predittiva o capacità di fornire soluzioni?

Telmo: Al momento, è l'unico programma di ricerca in grado di tenere insieme in una cornice coerente i dati in nostro possesso provenienti dalle discipline più diverse, dalla genetica delle popolazioni alla paleontologia. Il nucleo esplicativo è quello neodarwiniano. Si discute poi sull'importanza di singoli fattori, sui ritmi del cambiamento, sull'importanza dei tratti non adattativi e sui livelli di selezione. Ma sono controversie che non intaccano la solidità del programma di ricerca in generale.

Renzo: In molti criticano l'impostazione negativa della teoria dell'evoluzione. Un teologo come Vito Mancuso e un biologo come Stuart Kauffman sono finiti curiosamente per convergere sull'idea che il caso non basti a spiegare l'enorme varietà di forme su cui agisce la selezione naturale e che l'ordine potrebbe essere una proprietà intrinseca della materia, in grado di emergere spontaneamente in determinate condizioni. Siamo abbastanza lontani dall'ID. A questo livello, un dialogo è possibile? Cosa ne pensi di queste teorie?

Telmo: Kauffman era partito dall'idea che i processi di autorganizzazione potessero sostituire la selezione naturale e generare una teoria dell'evoluzione alternativa. Poi ha cambiato idea e adesso parla della complementarità fra proprietà emergenti e selezione naturale. Il testo di Mancuso è eterodosso e molto coraggioso, ma si basa sul solito errore di leggere la natura con la lente della teologia. Finisce così per vedere nella natura ciò che non esiste, ovvero un piano finalistico ordinato. Gli elementi di reticolarità del vivente non giustificano in alcun modo l'idea che in natura siano nascosti fini o direzioni preordinate. E' un salto logico infondato. L'evidenza empirica ci dice che la storia naturale è caratterizzata da una radicale, profonda contingenza. Questo è il dato su cui deve riflettere il teologo, come il filosofo. Non dobbiamo cercare nella natura i fondamenti dei nostri convincimenti teologici, e ancor meno delle nostre credenze. Rischiamo di esserne delusi...

Renzo: E infine una domanda opzionale, mi rendo conto che andiamo un po' fuori tema. La diffidenza nei confronti della teoria dell'evoluzione mi sembra rientri in una diffidenza generalizzata nei confronti della scienza. L'idea che la scienza e la tecnica non siano strumenti neutri ma contengano in sé una qualche intrinseca negatività è piuttosto diffusa. Per te scienza e tecnologia sono strumenti neutri, "negativi" o "positivi"?

Telmo: Non credo proprio che siano neutrali. Sono strumenti umani. Come tali, carichi di opportunità e di rischi al contempo. Il problema è capire come gestire la loro ambiguità. Possiamo farlo rispettando l'insopprimibile curiosità umana, ma decidendo insieme, democraticamente, caso per caso, dove porre eventuali limiti. Di certo, i limiti non possono essere imposti, secondo me, dalla paura, dall'ignoranza e da strutture di pensiero dogmatiche fondate su precetti religiosi che appartengono soltanto a una parte della società.


Letture interessanti:

Su Bioetica, Darwin e il cardinale

Sul Azioneparallela, Evoluzione e resurrezione

Su L'estinto, Bestiario antidarwiniano

Su Wiki, il culto del Flying Spaghetti Monster

Chi ha scritto i vangeli?


«È mai ammissibile che ci siano docenti di latino e greco che sanno tutto sulla questione omerica e nulla sulla questione sinottica? Ben consci che i poemi omerici non sono dei poemi scritti a tavolino nell’VIII secolo a.C. da un poeta chiamato Omero, e nel contempo convinti, invece, che i Vangeli siano la vita di Gesù scritta a tavolino da quattro biografi di nome Marco, Matteo, Luca, Giovanni?».

(R. Uglione, citato da Clementina Mazzucco su Cristianismus)

Devo confessarlo. Questa frase mi ha spiazzato. La prima reazione è stata un verso di sorpresa, tra rantolo e grugnito: scritto in termini così espliciti non l'avevo mai letto.

Né ero a conoscenza (conoscenza consapevole) del fatto che il numero di varianti documentate del nuovo testamento è di 250000 (duecentocinquantamila), anche se poche varianti sono importanti per il senso. Che solo per metà del testo i manoscritti antichi sono concordi. Che il manoscritto del nuovo testamento più antico che abbiamo non è originale, ma copia di una copia, risale al 125 d.c. e contiene un frammento (18,31-33,37-38) di Giovanni. Che i vari vangeli, sinottici e non, recepti o apocrifi, sono la codificazione di diverse tradizioni orali. Che parlare di "autore" nel senso che diamo noi oggi alla parola "autore" è fuorviante. Che a quei tempi non si facevano ristampe, ma si copiava. E copiando si aggiungeva, si censurava, si aggiustava il testo.

Via i riferimenti al giudaismo di Cristo, via i riferimenti a fratelli e sorelle di Cristo, via persino il nome di Barabba (si chiamava Gesù anche lui: Gesù detto il Barabba. Ma un delinquente si può mai chiamare come il figlio di Dio?). Gesù può mai aver scacciato un lebbroso? Figurarsi, cancellare "incollerito" e sostituire con "impietosito".

Cristianismus è un sito ricco di materiale ben documentato, scritto con spirito scientifico da specialisti del settore. Vorrei ringraziarli e baciarli di persona, lo farò almeno con una email.

Ancora una cosa. Il vero finale del vangelo di Marco, secco, sconvolgente, bellissimo:

"Ed esse, uscite, fuggirono via dal sepolcro perché erano piene di timore e di spavento. E non dissero niente a nessuno, perché avevano paura"


giovedì 15 novembre 2007

Compromesso storico tra il diavolo e l'acqua santa

Ecco un giochetto interessante. Seguono due brani, bisogna indovinare chi ha scritto (o detto) cosa.


Ecco il primo:

"[...] mostrano concretamente come i Pitagorici e gli Stoici avessero ragione: e cioè, come
il Logos permei l'universo e si rifletta nell'uomo, nel senso che «tutto è razionale» e la razionalità umana è in grado di comprendere, almeno parzialmente la razionalità cosmica".


Ed ecco il secondo:

"[...] c'è da un lato una razionalità della stessa materia. Si può leggerla.
Essa ha una matematica in sé, è essa stessa ragionevole, anche se nel lungo cammino dell'evoluzione c'è l'irrazionale, il caotico e il distruttivo; ma la materia come tale è leggibile."

Rivelare chi ha detto cosa è superfluo, dato che i due brani esprimono lo stesso concetto. Però dirò che uno dei due è Benedetto XVI e l'altro è *attenzione* Piergiorgio Odifreddi, quello di "Perché non possiamo essere cristiani".

Vabbe'. Per addolcirmi la bocca mi rileggo questo brano di Malvino (chissà che non capiti sotto gli occhi di Odifreddi):

"la razionalità che si legge nella materia viene da una lettura razionale d’essa, cioè, dall’uomo. Il quale organizza tutto ciò che tocca coi suoi sensi entro categorie logiche che sono le diverse declinazioni della razionalità."

martedì 13 novembre 2007

Facciamo come dice Martino?


Lucia: Hai preparato l'itinerario su Google Maps?


Renzo: ehm, no, sai che viene anche Martino...

Lucia: ah, cheppall.. e quindi?

Renzo: be', a lui queste cose non piacciono, dice che la tecnologia... boh! Mica ho capito bene, 'orcoboia, quel ragazzo a volte parla in geroglifico!

Lucia: Sì, vabbe', ma come ci arriviamo al ristorante d'O?

Renzo: Dice che solo perdendoci per le stradine sconosciute e mai percorse della lomellina saremo in grado di apprezzare il ristorante nella sua vera essenza, e godere della sorpresa per il disvelamento di ciò che ci era nascos..

Lucia: Mavacaghèr! Ci perdiamo e finiamo a mangiar panini nel bar di un paesino senza nome, in mezzo alla nebbia.
Senti, ma non lo possiamo scaricare, Martino?

Renzo: be' dai, la pensiamo diversamente, ma in fondo è mio amico...

Lucia: Ecco appunto, vorrei proprio sapere come diamine te li scegli, certi amici!

Non si sa mai...


AVVISO IMPORTANTE:

Mio marito Renzo NON vuole uccidermi. Il coltello è stato volutamente ritratto in questa inquietante prospettiva e il contenuto di questo vecchio post era e resta esclusivamente ironico. Quel post non è un modo per dare libero sfogo a pulsioni violente represse a fatica. Non c'è nessuna pulsione violenta repressa!

Insomma, non mi carcerate mica il marito per via di un post? È tutto inventato, chiaro? La foto, il dialogo: ho inventato tutto io.
(Oddìo, mica arrestate me, adesso? Per falsa testimonianza?)


La verità è c'è poco da ridere. Perché il Messaggero ha veramente pubblicato un articolo dal titolo "L'americana aveva scritto tutto un anno fa" e sul TG3 (il TG3 sant'iddìo!) Bianca Berlinguer e Vittorino Andreoli hanno veramente ribadito la tesi che internet, i blog, sono nel loro complesso “complici” di quanto è avvenuto. E su Porta a porta, tutti: Vespa, miss Italia, TUTTI: gli studenti di Perugia, i bulli e le pupe, i secchioni, i ciellini, le zecche: TUTTI! Tutti asserivano che, "i blog", "valvola di sfogo", "pulsioni violente represse", "difficoltà comunicative", "i giovani d'oggi hanno tutto", "la noia".
Amanda Knox ha chiuso il "blog" su cui un anno fa aveva pubblicato un raccontino hard boiled, ma doveva farlo un anno fa. In bocca al lupo.


Ps.:
E se fosse innocente?

giovedì 8 novembre 2007

L'ipotesi Dio

Lucia: Perché sono bassa? Cioè, perché le mie ossa, ad un certo punto, non sono cresciute più?


Renzo: Be', l'altezza è predeterminata geneticamente per il 90%.

Lucia: Eeeh? Traduzione please.

Renzo: Tu devi il 90% della tua altezza al tuo programma genetico, il restante 10% a quello che mangi. La tua altezza era già stabilità quando eri un embrione.

Lucia: Vabbe', ho capito. Allora voglio sapere perché il mio maledetto programma genetico prevede che io non possa superare il metro e cinquanta!

Renzo: Be', non saprei...

Lucia: Visto? Lo sapevo! Con tutta la tua scienza, "non saprei" è tutto quello che sai dire. Tze! E poi dice che l'ipotesi Dio è inutile!

lunedì 5 novembre 2007

Il naufragio e la mitopoiesi, ovvero come evolve la tv

C'è questo meraviglioso post satirico di Leonardo a proposito del nuovo film di Soldini e in generale sul minimal-realismo sonnolento dei film/romanzi italiani.

Questo film parla di un quarantenne che è stato licenziato. Il problema è che Soldini, anziché inquadrare la crisi del quarantenne in una qualche trama o vicenda o sviluppo inatteso, si avvita sulla crisi del quarantenne e mette in scena solo quella (sbadiglio).

Leonardo immagina un dialogo tra un soggettista minimal-realista e un produttore cinematografico con le palle, che ci tiene a tenere ben svegli gli spettatori. Ecco il punto saliente:


Produttore: Facciamo così. Il tuo soggetto va bene.

Soggettista: Sul serio?

P: Fino al primo tempo. Nel secondo tempo atterrano gli alieni.

S: Eeeeh?

P: Dopodiché… continua tu. Vediamo cosa sei capace di fare.

S: Ma il dramma interiore?
P: Il dramma interiore sarà fi-ghi-ssi-mo. T’immagini? “
Sono un ingegnere disoccupato 45enne, mantenuto da sua moglie e… che altro c’è adesso? Oh, no. Pure gli alieni! Tutte a me, capitano”.

Questa parte del post di Leonardo m'è venuta in mente guardando l'ultima puntata de "L'isola dei famosi".

Chi è interessato al dramma interiore di personaggi televisi sovrappeso
, in là con gli anni e in declino di popolarità alzi la mano. Nessuno? Be', allora facciamoli naufragare su un'isola deserta e vediamo che succede. La faccenda cambia completamente aspetto.
C'è un evento che genera storie: il naufragio
: come faranno i nostri naufraghi a sopravvivere? Come si ripareranno dalla pioggia? Di cosa si nutriranno? Resteranno coesi o si scanneranno a vicenda? Chi di loro avrà la meglio? La crisi di ognuno di loro, in sé è come un binario morto, non genera storie.
Ma ecco che una scintilla può generare miriadi di storie (tutte con " la crisi" sullo sfondo).
Quello che sospetto è che alcuni autori televisivi abbiano ben chiari in mente certi meccanismi narrativi molto meglio di acclamati e incensati registi e romanzieri (ne ho parlato anche qua).

Provo ad applicare questo paradigma ad un altro programma televisivo di grande successo: Affari tuoi, condotto da Flavio Insinna. Nei vecchi telequiz c'era un tizio con le cuffie che rispondeva alle domande. Di lui si sapevano: cognome, nome, città, professione. Bando al superfluo e via con le domande.
In "Affari tuoi" il concorrente è presentato da un breve filmato. Scopriamo che "Filippo" ha fatto un certo lavoro, con gran profitto. Poi ha avuto un'incidente che lo ha fermato per mesi. La fidanzata l'ha lasciato e ha perso il lavoro. Poi è guarito e per fortuna ha incontrato "Maria", si sono sposati, ma è ancora disoccupato. Vorrebbe vincere e aprire un'attività in proprio. Ecco che Filippo non è più un anonimo: ce l'hanno presentato. Ha una storia che somiglia alla nostra: anche noi abbiamo dei problemi, anche noi abbiamo dei sogni irrealizzati, anche noi avremmo bisogno di quei soldi per realizzarli. Ecco che scatta l'immedesimazione, ma siamo su un binario morto, ci vuole l'evento che generi storie.

E qui arrivano gli alieni
: il nostro Filippo,
per avere i soldi deve affrontare un percorso, compiere scelte difficili, coraggiose. Cambiare il pacco o tenerlo. Accettare 15000 euro o inseguire i 200000. Si dimostrerà abbastanza spregiudicato? O abbastanza prudente? Avrà la meglio su famigerato dottore?
Anche qui gli autori hanno inserito elementi in grado di generare storie,
situazioni che mettono alla prova i personaggi, che li costringono all'azione. Il tutto esasperato dalla colonna sonora: l'Ennio Morricone degli spaghetti western, i Goblin di Suspiria e la Lisa Gerrard de "Il gladiatore".

lunedì 29 ottobre 2007

Gli anfibi di Babsi Jones e la poetica dell'autore nella letteratura (?) del XXI secolo


Post di riepilogo ad uso (anche) personale.


Su Carmilla, Sbancor recensisce il romanzo di Babsi Jones, usando termini come "sinapsi" e "paradigma".

Reazioni: i commentatori si scatenano su Cabaret Bisanzio, Babsi Jones chiude il suo blog, intervengono Wuming1 e La Lipperini (solo come commentatori su CB).

La discussione esplode in vari rivoli. Eccone alcuni.

1) Il romanzo di Babsi Jones è un romanzo importante. Farci su un pezzo di satira è sbagliato, perché distoglie l'attenzione dal contenuto vs. Il romanzo sarà importante, ma viva la libertà di satira.

2)
Il pezzo di Sauro vuole "colpire" Babsi Jones, in realtà Sbancor fa solo da tramite
vs. Sauro manco la conosce Babsi Jones, figurarsi se le vuole male.

3)
L'unico possibile oggetto di recensione deve essere il romanzo
vs. Ormai l'opera è parte di un pacchetto che comprende il book trailer, le interviste, il blog. In qualche modo, anche le scarpe indossate dall'autrice fanno parte della sua poetica e sono "recensibili".

4)
Ma Babsi Jones ci sta male
vs. Chissenefrega, questo è il prezzo da pagare, ormai sei un personaggio pubblico.

5)
Il romanzo è politicamente importante quindi chi parla del suo valore estetico è un fascista
vs. Un testo che ha valore documentario non necessariamente ha valore estetico e voglio sentirmi libero di parlarne quanto mi pare.


La discussione prosegue su paese d'ottobre orientata da Seia e dai suoi commentatori verso i punti 3), 4), 5).

Questo il mio commento.

In tempi pre-media, anche soltanto un paio di decenni fa, l’autore si metteva in gioco solo col romanzo. L’autore era solo il nome in alto, il romanzo e poco altro.

Oggi non è più così: l’opera trascende il romanzo cartaceo. È un po’ come per i quotidiani: oggi assieme al giornale ti danno il settimanale, i supplementi, il DVD. Ognuna di queste cose DETERMINA la percezione pubblica di quel quotidiano, è giudicabile assieme al quotidiano. Se XL fa schifo, allora anche Repubblica fa un po’ schifo.

Un autore che all’uscita del romanzo sincronizza azioni come: 1) l’apertura di un sito web; 2) la chiusura del blog; 3) la pubblicazione di interviste e di foto; 4) la produzione di un booktrailer, in fondo dovrebbe attendersi un giudizio sul PACCHETTO COMPLETO. Questo vale anche per Manituana e relativi sito e booktrailer e per tutti gli scrittori che offrono “allegati” assieme al libro.

Il problema è che Babsi Jones ha offerto se stessa come allegato*, forse senza valutare le conseguenza. Questo non legittima gli insulti però forse legittima chi -pacatamente- giudica il pacchetto completo.

Corollari:

Edo su CB
Sauro su piccolo blues
Il commento di irene su CB

*sul book trailer c'è lei, con la sua vera faccia.

Caro Baudo, sono solo facce e storie


"L'isola dei famosi" e Stefano che suona il violino sono fatti della stessa materia prima".


Domenica pomeriggio. Pippo Baudo introduce il maestro Caruso che mostra un violino, "un gioiello della liuteria italiana".

Insieme annunciano una grande sorpresa: fra poco, i telespettatori avranno la fortuna di assistere ad un grande evento culturale.
Quel violino verrà suonato da un grande artista.

Sento immediatamente puzza di bruciato.

Ma ecco che arriva l'artista. Si tratta di un ragazzino di 12 anni: Stefano, un "precocissimo genio del violino". Non dice una parola, tanto che Lucia mi chiede se è muto. Non credo, altrimenti Baudo l'avrebbe buttata sicuramente sul patetico:

"Precocissimo genio, muto dalla nascita!"

Stefano imbraccia il violino e suona il suo pezzo.

E poi Baudo dice:

"Abbiamo voluto invitare Stefano perché altrimenti la gente crede che in tv ci sono solo Isole dei famosi"

Ecco, l'ha detto. E io mi sento preso in giro. Baudo vuol farmi credere che questo spettacolino di 120 secondi, ascoltato mentre io lavo i piatti e Lucia stira la sua gonna, e mentre decine di migliaia di spettatori russano sotto un plaid, sia "cultura alta". Questo frammento televisivo, tra l'intervista ad un attore e una televendita, sarebbe l'esatto contrario de L'isola dei famosi: Stefano è cultura, L'isola è barbarie.

Mi sento preso in giro. C'è veramente una differenza di principio tra L'isola dei famosi e Stefano che suona il vionino?

Trasmettere in tv "Nessun dorma" è possibile, ma attraverso la tv, l'Opera si riduce al personaggio Pavarotti: la tv non può rendere gli scricchiolii del legno, i colpi di tosse del pubblico, il velluto delle poltroncine. L'impressione che la struttura dell'intero teatro stia vibrando dalle fondamenta non può arrivare in tv, per banalissimi motivi tecnici. Il teatro resta dov'è e la tv trasmette solo la faccia di Abbado.

La cultura del teatro resta dov'è (a teatro) e quello che arriva in tv è cultura televisiva, fatta di storie e di facce. In tv puoi mostrare gli spezzoni di un concerto e l'intervista all'artista (la faccia dell'artista): crei un personaggio e ne racconti la storia.

Quello che Baudo ha presentato ieri a "Domenica In" sono la storia e la faccia di un ragazzino di 12 che suona il violino. Nient'altro.

Ed è soltanto su questo piano che posso fare confronti. Ora, la mia impressione è che la storia e la faccia di Stefano siano state banalizzate, raccontate in fretta e male. E che certe storie raccontate dai reality siano persino meglio.


L'isola dei famosi e Stefano che suona il violino sono fatti della stessa materia prima.

Tutto questo Pippo lo sa.

(Ma ne siamo sicuri? In effetti non ne ho le prove. E Baudo non brilla certo per originalità, niente di strano che intenda la tv come la si intendeva 60 anni fa. Niente di strano che Pippo Baudo non sia, in fondo, un po' sopravvalutato).


giovedì 25 ottobre 2007

Quattro buoni motivi per andare a vedere Ratatouille


Per prima cosa Ratatouille è divertente, spettacolare, ben fatto. Non manca un rassicurante lieto fine. Per cui è un perfetto cartone per bambini. Ma si presta a svariate letture, meno bambinesche.


Innanzitutto una lettura culinaria. Mi fa notare Cavoletto (il mio riferimento web-culinario) che in Ratatouille c'è una gran cura e precisione in tutte le informazioni che riguardano il cibo e il mondo della ristorazione:

"nel film, ad un tratto vedi il topolino che prende una teglia, ci fa colare qualcosa che sembra una salsa al pomodoro, ci adagia delle rondelle di verdure, ricopre il tutto (cosa che mi ha letteralmente basita, cavoli stiamo parlando di un flm per bambini!) con un foglio di carta da forno, e in finis serve una torretta (tipo millefoglie, o quasi) di una cosa che potrebbe si essere ratatouille ma di certo non una ratatouille classica."

Be', Cavoletto è una che non si accontenta. Fa una ricerca, scopre il nome del consulente gastronomico del regista, cerca il suo libro di ricette e ripropone sul blog una "Ratatouille di Ratatouille" filologicamente impeccabile.



Terza lettura
. Per Leonardo, R. è una metafora dell'emigrazione e dei relativi problemi d'integrazione. Il topo Remi lascia la sua famiglia e si inserisce nel mondo degli umani. Presto scopre di non essere né un vero topo né un umano, non è a casa né con gli uni né con gli altri. I topi di R. non sono "antropomorfizzati". Sono ratti. In cucina non possono stare, sono bestiacce sporche e immonde.
Emigrazione. Integrazione.

Quarta lettura. Ratatouille è una metafora della rivoluzione popular, quella rivoluzione celebrata dalla copertina del Times, Person of the year 2006: YOU. "Il ristorante è un tempio e io sono il sacerdote" dice il critico Anton Ego, non tutti possono essere cuochi, figurarsi un topo. Ma alla fine imparerà che tutti possono cucinare e chi ha talento può diventare un grande cuoco. Anche un topo.
Ne riparlerò nella prossima puntata.

martedì 16 ottobre 2007

Il tramonto del linguaggio e la sovrainterpretazione

Da Seia c'è un dibattito che mi diverte sempre.
(Nota: conosco solo due persone con delle vedute DIAMETRALMENTE opposte dalle mie. Una l'ho sposata il 10 agosto 2007, l'altra è Seia, e sta per sposarsi anche lei. Mi piacerebbe conoscere il promesso).


Anche io mi sono imbattuto in una frase che mi ha causato l'orticaria. Eccola.

"Con lo smarrimento della finitezza dell'uomo si smarrisce anche la sua originaria relazione all'essere, infatti proprio perché l'uomo è finito non produce la manifestazione dell'essere dell'ente, ma lo lascia essere integralmente così com'è, nel suo irriducibile accadere. L'essere infatti si dà (es gibt) solo dove è disposto un accoglimento, ma dove l'accoglimento è soppresso, come nel caso di Hegel, allora ciò che si dà non è l'essere, ma ciò che l'uomo dice dell'essere."

Umberto Galimberti - Heidegger, Jaspers e il tramonto dell'Occidente - Il Saggiatore.

Ora. Che motivo c'è di abusare di una parola vaga come "essere", senza mai spiegarne il significato? E che dire della parola "ente"?
Non basta dire "l'uomo non può sapere tutto delle cose, ma può coglierne solo un senso provvisorio e circostanziato"?

Perché inventarsi un'entità misterosofica (l'essere) e un corpo contundente non identificato (l'ente)? Che bisogno c'è di tradurre "si dà" in tedesco? Che bisogno c'è di dire che "l'uomo non produce la manifestazione dell'essere dell'ente"? Io del resto me ne guardo bene, dal fare simili porcherie.

Ormai il libro l'ho comprato, l'ho letto, l'ho persino digerito. Ma una cosa devo farla. SCONSIGLIARNE L'ACQUISTO.

Perché trovo stupido esprimere concetti complessi in modo astruso. Ma esprimere concetti semplici in modo astruso è veramente disonesto. Ed esprimere concetti banali in modo astruso è terribilmente perverso.

lunedì 8 ottobre 2007

Torta all'uva fragola e meditazioni sul fragolino


Cerco una dritta per preparare la copertura di questo cheese cake (di cui conosco una versione ai frutti di bosco) e mi imbatto in una curiosa storia sul fragolino.


Scopro che il fragolino non è (solo) una bevanda frizzante a base di vino e aroma di big babol. Questo breve riassunto mi lascia di stucco. E questo appassionato elogio del (vero) fragolino mi ha riempie di sdegno.
In breve: il fragolino è un vino ottenuto dall'uva fragola (Vitis, lambrusca), un vitigno importato dall'america all'inizio del XX secolo, quando i nostri vitigni (Vitis, vinifera) rischiavano l'estinzione a causa di un'epidemia di fillossera.
La vite americana ha le radici resistenti alla fillossera, per cui alcuni si limitano ad innestare la vite americana con i nostri vitigni, altri prendono a coltivare la vite americana tout-court e a farne del vino.

Be', oggi commercializzare il fragolino è vietato, presumibilmente per proteggere i vitigni autoctoni. Ovvero, si proteggono i vitigni autoctoni da un vitigno importato un secolo fa, grazie al quale i vitigni autoctoni sono stati salvati dall'estinzione.

A chiudere il cerchio, s'è diffusa la leggenda che il "vero" fragolino contenga troppo metanolo e "concentrazioni tossiche di tannini". A parte il fatto che invito chiunque ad assaggiare un vino di Pachino prima di parlare di concentrazioni tossiche di tannini, mi chiedo come sia possibile che gli svizzeri (gli SVIZZERI) o gli austriaci non se ne siano accorti e bevano fragolino a tutto spiano, anche se lo chiamano "Uhudler".

Vabbe'. Nel frattempo, prendo un etto di chicchi d'uva fragola, li schiaccio per bene con le mani in un pentolino, aggiungo un etto di zucchero, una stecca di cannella e faccio cuocere cinque minuti. Poi tolgo la zuppa dal fuoco, aggiungo un foglio di colla di pesce e quando si scioglie la passo al colino. Appena si raffredda la verso sul cheese cake. Profumo.

Be', viene voglia di andare in Svizzera e comprarne una bottiglia, di questo misterioso fragolino
.

lunedì 1 ottobre 2007

Giovanni Allevi: un week end all-inclusive nel magico mondo del pianoforte.


Mi imbatto in questo post su "le Malvestite" e mi rendo conto che Betty Moore dà corpo a una serie di riflessioni che mi girano in testa da quando ho assistito al concerto di Giovanni Allevi.


Riassumo.

Allevi sembra il più grande apologeta di se stesso. Prima di ogni brano, "racconta ridicole storielle che spara via sicuro ed allenato, senza alcun imbarazzo (pur mantenendo i segnali esteriori della Timidezza, che è forma inevitabile del Geniale Compositore)".

Le storielle di Allevi "sono i mattoncini che servono a tirar su questo simulacro,
genio sì ma un po’ folle e pazzerello [...] un po’ schivo, scanzonato e timiduccio". Anche un po' autistico alla Rain man, tant'è che "per aderire al personaggio, oscilla tatticamente avanti indietro quando sta in piedi, racconta di essere affetto da disturbi ossessivo compulsivi".

"È oscenamente fiero del suo minuscolo intellettualismo da dizionario d’aforismi (”come dice Platone - frase fatta”, “come dice il Heidegger - frase fatta”).

Questo è -o
vuol sembrare- Allevi: un idiot savant col talento del piano, che nel tempo libero legge Heidegger e riesce anche a empatizzare col filosofo. Provare per credere.

Insomma, secondo Betty Moore, Allevi ci fa. E io non ho molto da aggiungere.

Ma a questo punto voglio sapere perché Allevi riempie le platee di spettatori adoranti. Non credo che bastino un costume da artista pazzo e qualche motivetto facilone e abborracciato, così sarebbero tutti bravi.

E allora?
Allevi offre allo spettatore un
pacchetto all inclusive. È come un'agenzia di viaggi che propone un week-end archeologico, comprensivo di guida vestita da Indiana Jones. Compri un biglietto di Allevi e ti trovi tra le mani 1) un percorso guidato, tra spunti jazz, rimandi a Chopin, strizzate d'occhio al pop (il terreno su cui il pubblico si trova più a suo agio); 2) un pianista che ha l'aspetto dell' "autentico artista" secondo lo stereotipo tardoromantico, un po' pazzo e anticonformista, timido e impacciato; 3) Qualche citazione filosofica, ma abbastanza facile, in modo da compiacere il pubblico, anziché allontanarlo con astrusità. Una vacanza nel magico mondo della cultura.

Insomma: Allevi coccola e compiace il suo pubblico. Da un concerto di Allevi si esce soddisfatti: la musica è gradevole e familiare, il pianista è buffo e le citazioni sono comprensibili. Aroma al gusto di cultura tra gli ingredienti.

Non credo si tratti delle stesse sensazioni provate ai concerti di un vero pianista autistico e un vero compositore d'avanguardia, tipo Glenn Gould che suona un'opera di Alban Berg. Con questi due è facile sentirsi dei deficienti. E dal concerto si esce spiazzati, confusi, storditi.

Allevi-Gould: 1 a 0 e palla al centro.


Approfondimenti:
"I barbari" di Alessandro Baricco, pubblicato per intero su Repubblica.it

martedì 25 settembre 2007

Rosario Rannisi, ovvero: il reality è morto, viva l’irreality!

Leggo l’ultimo post di leonardo e sbotto in un moto di ribellione.

È arrivato il momento di fare outing e dichiararmi spettatore d’irreality. Altrimenti i barbogi critici si ostineranno a credere che i reality sono seguiti solo da sciampiste pettegole e bacchettone.

Il fatto è che sono stanco di sentire cose come “
I reality sono Roba da Guardoni”, o “I Reality sono un Esperimento Sociologico”. Oppure che sarebbe giusto vincesse il più bravo (lo dice Marta Cinti su Left Wing).

Ma Leonardo dice: “No! Forse all’inizio era così. Ma adesso abbiamo capito cos’è veramente un reality. A diversi anni di distanza possiamo dire che (rullo di tamburi):

“I reality sono gossip televisivo”?
“Gli spettatori di reality sono dei bacchettoni”?

Ma no!
Andiamo per ordine. La molla è scattata guardando
"La fattoria”, edizione 2006, l’edizione vinta da Rosario Rannisi. La fattoria era un VIP reality. Guest star dell’edizione 2006: Katia Ricciarelli, nientemeno. La star internazionale, la cantante lirica, mica una soubrettina qualsiasi.
Aristocrazia dello spettacolo.
E Rosario Rannisi? “Mai sentito”, si saranno detti i VIP, al suo arrivo.
Infatti il nostro eroe è uno sconosciuto, appena cacciato dal “Grande Fratello”.

Ma perché gli autori decidono di mandare Rosario tra i VIP?

Be’, perché è divertente. Si aspettano una reazione esagerata, e questa puntualmente arriva.
Rosario vuole vincere e i VIP gli fiutano addosso un odore di riscossa che per loro nobili narici è tanfo di plebaglia. La reazione è scomposta, un tripudio di “chi ti credi d’essere”, “non sai chi sono io”, “mascalzone”, “vile marrano”.

Ma Rosario è furbo e Rosario vince.

Il plebeo furbo e arrivista che fotte i nobili decadenti e inetti: un luogo narrativo molto visitato dagli scrittori. Nel "Gattopardo", il campiere Calogero Sedara piano piano frega terre e soldi al suo padrone, troppo distratto da donne e gioco.

Voglio dire: qua di "reality" c'è rimasto poco. Solo la spontaneità e l'improvvisazione degli attori. Gli autori sanno a cosa vanno incontro, quando mandano un signor nessuno dal sorriso strafottente a
dare del tu alla Ricciarelli. Un signor nessuno che le cinge la vita e le dice “senti, Katia” in un orecchio.
Questo è un canovaccio, questa è commedia dell'arte.
Questa è, e vuole essere una messa-in-scena, non ha nulla a che vedere con la vita vera dei protagonisti.

Certo, il pubblico è anche un po’ guardone, ammettiamolo. E un reality è un po’ gossip. Proprio come la Divina Commedia. E gli spettatori sono veramente assetati di lacrime e sangue, proprio come i lettori dell’Iliade. Ma l’Iliade e la Divina Commedia non si possono ridurre solo a questo. E neanche i reality. Il
pubblico resta se ci sono anche i contenuti, se c'è una storia da raccontare.

Buona visione.