giovedì 30 ottobre 2008

Le vette del piacere in cinque step

Primo step:
rimira la scatola. L'altopiano ragusano con gli iblei sullo sfondo. Pecore e mandorli in fiore. Un'ottima approssimazione fotografica della vagheggiata arcadia.



Secondo step:
apri la scatola. Dài uno sguardo alle parole stampigliate sul bordo: Pasticceria Giovanni Di Pasquale. Un luogo di cura. "Cura" nel senso che lì tutto è fatto con cura: i cannoli, le paste di mandorla, la torta Savoia. Persino il caffè o le banalissime gelatine di frutta. La granita di gelsi, ad esempio: contiene solo gelsi rossi. Nessun colorante e nessun aroma al gusto di big babol. Te la fanno assaggiare orgogliosi e sicuri del fatto loro. "Cura" nel senso che lì tutti si prendono cura di te. "Cura" nel senso che sei andato lì per prenderti cura di te. O per prenderti cura di una persona che ami.
Per questo motivo quella scritta ti sembra rassicurante. Leggila. Poi passa al terzo step.



Terzo step:
preparati un buon caffè. Nella scatola ci sono delle paste di mandorla e di pistacchio. Sono confezionate una per una, ma sai bene che sono state sfornate non più di due giorni prima, e spedite immediatamente. Senza attendere l'avvenuto bonifico. Loro sono fatti così: spediscono sulla fiducia, anche a degli sconosciuti.



Quarto step:
apri la pasta di mandorla e annusa. Piano, non sniffare lo zucchero a velo, ti va di traverso. Adesso mordila. Si scioglie in bocca vero? Questa è la pasta di mandorla più morbida che tu abbia mai assaggiato. Nessuno le fa così: svampate appena. Una sottilissima crosta e un cuore morbido.



Quinto step:
passa a quella di pistacchio. Le paste di pistacchio non sono verdi, lo sapevi? Sono marroncine. Se vai a mangiare il gelato di pistacchio a Bronte non troverai creme verdi, lo stesso vale per le paste di pistacchio da Di Pasquale. Il pistacchio è verde solo fuori, dentro è giallino e così le paste.



Adesso concediti un sorso di caffè, ti consentirà di sostare sulla vetta del piacere ancora un attimo. È tutta una questione di attimi.

Bene. Adesso puoi anche guardare il Tg senza rischiare una crisi di panico. Sarai più lucido e reattivo, dopo questa piccola cura Di Pasquale per corrispondenza.

lunedì 27 ottobre 2008

I menù al tempo della recessione #2 - Salute corporale



Pavia, ottobre 2078


Lucia: Chi si mancia stasìra?

Renzu: Zuppa ri favi e cimi di rapa.

Lucia: Bonu, ci vulìa na cosa càvura, cu 'stu friddu! [1]

Renzu: E poi manco la dentera serve.



Lucia: Ché t'arricordi quando la preparasti la prima volta?

Renzu: E certo che m'arricordo. Era l'inizio della grande recessione, l'ottobbre dumila e otto. Eramu scantàti morti. Ti dissi: «Basta filetti e controfiletti, da oggi si mancia come li nonni! Fave e cicoria!» Sulu che cicoria a Pavia nun ci n'era, e allura pigliai li cimi di rapa.


Lucia: Però m'ha spiegari pirché ci mintisti lu peperoncinu piccanti!

Renzu: Dice che aiuta...

Lucia: Aiuta? E che cosa, di preciso?

Renzu: Aiuta là sotto, risveglia, come dire...

Lucia: Li morti. Stùiati lu mussu, stasìra nun ci nesci nenti. [2]

Renzu: E pirché?

Lucia: Disturbata sono: ho le mestruazioni.

Renzu: Bedda matri, ancora disturbata a centudu anni?

Lucia: To' mugliere è ancora una donna a tutti gli effetti.


Qualche tempo dopo...


Renzu: Prrrrrrrot! PROT!

Lucia: Maronna chi pirituna! [3]

Renzu: Dicevanu l'antichi: «Trumma di culu, sanità di corpu». [4] Che ci voi fari: to' maritu è ancora n'ommu a tutti l'effetti!


Zuppe di fave e cime di rapa

Ingredienti e costi x 2:

- 150 gr di fave secche sgusciate - 45 cent
- 500 gr di cime di rapa - 70 cent
- 1 spicchio d'aglio
- un peperoncino
Totale: 1 euro e 15 cent.

Ho messo a cuocere le fave in pentola a pressione con tre dita d'acqua, senza ammollo, per 1 ora e 30, fuoco sufficiente a mantenere il fischio. Nel frattempo ho cotto le cime di rapa in abbondante acqua salata per 15 minuti, poi le ho scolate (tenendo un paio di mestoli dell'acqua di cottura), tritate grossolanamente ripassate in padella con uno spicchio d'aglio e un peperoncino tritato.
Ho unito il tutto e portato alla densità voluta con i mestoli di acqua di cottura.


[1]: Ci voleva proprio qualcosa di caldo, con questo freddo!

[2]: Rassegnati: questa sera non si fa nulla.
[3]: Cribbio che flatulenze!
[4]: Tromba di culo, salute corporale

venerdì 24 ottobre 2008

25 ottobre 1958: «I Bellandi, pubblici peccatori e concubini»

Prato, 12 Agosto 1956.
Loriana Nunziati e Mauro Bellandi decidono di sposarsi in comune. Lui è un militante comunista, lei una cattolica non praticante.
Il vescovo di Prato, monsignor Pietro Fiordelli, in un'omelia li definisce pubblici peccatori e concubini.
Ritiene che la sua omelia non basti, allora scrive una lettera a don Danilo Aiazzi, il sacerdote della parrocchia dei coniugi Bellandi:

«Oggi, 12 agosto, due suoi parrocchiani celebrano le nozze in Comune rifiutando il matrimonio religioso. Questo gesto di aperto, sprezzante ripudio della religione è motivo di immenso dolore per i sacerdoti e per i fedeli. Il matrimonio cosiddetto civile per due battezzati assolutamente non è matrimonio, ma soltanto l’inizio di uno scandaloso concubinato» [...]

«Pertanto lei, signor Proposto, alla luce della morale cristiana e delle leggi della Chiesa, classificherà i due tra i pubblici concubini e, a norma dei canoni 855 e 2357 del Codice di Diritto Canonico, considererà a tutti gli effetti il signor Bellandi Mauro come pubblico peccatore e la signorina Nunziati Loriana come pubblica peccatrice. Saranno loro negati i sacramenti, non sarà benedetta la loro casa, sarà loro negato il funerale religioso» [...]

«Infine, poiché risulta all’autorità ecclesiastica che i genitori hanno gravemente mancato ai propri doveri di genitori cristiani, permettendo questo passo immensamente peccaminoso e scandaloso, la Signoria Vostra, in occasione della Pasqua, negherà l’acqua santa alla famiglia Bellandi e ai genitori della Nunziati Loriana. La presente sia letta ai fedeli»


I Bellanti fanno causa al vescovo e al parroco. In primo grado il vescovo di Prato viene condannato ad un'ammenda di 40.000 lire. Credo di non essere fuori strada dicendo che corrispondono a poche migliaia di euro: 2000, forse 4000. Indignazione del Vaticano: "la sentenza è un atto illegale della magistratura". Ordini a tutte le Nunziature Apostoliche di organizzare proteste, battage mediatico veicolato dal Corriere della Sera, manifestazioni, campane suonate a morto e portali delle chiese parati a lutto per un mese. In tutte le parrocchie d'Italia.

La situazione sfugge di mano ai coniugi Bellanti, diviene un caso in cui si riversano tutte le tensioni allora esistenti tra comunisti e chiesa: sono i tempi della guerra fredda, del pericolo comunista.

«Fummo indotti a sporgere per le insistenze del Partito comunista, che volle fare del nostro matrimonio un caso contro la Chiesa. Da allora - racconta Loriana - tutto ci sfuggì di mano»

Infine l’esilio. «Una notte, all’improvviso, arrivarono a casa di Mauro alcuni esponenti del Partito comunista. In tutta fretta lo presero e di nascosto lo trasferirono in Cecoslovacchia». Per curargli un'encefalite. Nella città slovacca di Banska Bystrica.

I Bellandi furono banditi; oppure no, a Prato erano tutti comunisti, figurarsi se lasciavano solo un compagno. Mauro Bellandi dovette chiudere la sua attività commerciale a causa dell'anatema del vescovo Fiordelli; oppure no: la sua attività commerciale era già in crisi. Le banche non fecero più prestiti a Mauro Bellandi, sempre a causa della lettera; oppure no, Bellandi era insolvente. I coniugi Bellanti si separarono a causa delle tensioni generate dalla lettera, oppure no: il matrimonio era già in crisi.

Il 25 ottobre 1958 il vescovo Pietro Fiordelli viene assolto.


http://www.storiaproibita.it/blog/?p=13
http://www.uaar.it/uaar/archivio/archivio1999/attualita17.html
http://leformicherosse.altervista.org/index.php?mod=read&id=1195224353



Roma, 15 febbraio 2006.
Adele Parrillo è la compagna di Stefano Rolla, uno dei morti di Nassiriya. Si presenta all'altare della patria con i familiari della vittima, è il giorno della commemorazione dell'eccidio. Le viene negato l'accesso.

lunedì 13 ottobre 2008

Questi figli relativisti e postmodernisti


Mamma di Renzo: Ma ti rendi conto? Và -vorrebbe andare- in giro con una maglietta simile. Hai capito dove siamo arrivati? A cosa siamo ridotti?

Renzo: Ma che c'è scritto su quella maglietta?

Mamma di Renzo: C'è scritto... non riesco nemmeno a pronunciarla quella parola. E quella sfacciata di tua sorella ci va per strada! Ma questa storia è finita. Eeee nno. La diseredo, la la la... la butto fuori di casa. Anzi no: la chiudo in casa! Ché a quella zanna* le faccio un favore se la butto fuori.

Renzo: Ma si può sapere cosa c'è scritto sulla maglietta?

Mamma di Renzo: FOTTITI! C'è scritto fottiti. Una donna di strada, una una una... una vastasa**. Questa è tua sorella.

Sorella di Renzo: Non ci credere, non c'è scritto fottiti. C'è scritto futtatinni***. È una maglietta di Siculamente.

Renzo: Aaah, futtatinni! Ma è diverso, "fottiti" scritto su una maglietta è un insulto a tutto il mondo, una roba da nichilisti, alla Bart Simpson. Al contrario, in futtatinni c'è tutto il fatalismo siciliano, è un invito a prendere la vita con leggerezza: un take it easy trinacrino, ecco.

Mamma di Renzo: Nichilismo? Fatalismo? Take it easy trinacrino?!? Ma che vale farvi studiare se il risultato è questo? Fottiti, futtatinni, non cambia niente. Tutte le parole che cominciano per fott- sono volgari. E basta!

Renzo: Ma', è una maglietta di Siculamente, è una cosa ironica, capisci? Ironia, questa sconosciuta!

Mamma di Renzo: Eccerto, una cosa ironica! E voi così siete: con la scusa dell'ironia vi credete in diritto di fare quello che vi pare tanto è tutto ironico! E comunque sai che ti dico? Io me ne frego dell'ironia! Mia figlia -finché è ancora mia figlia e vive sotto questo tetto, non va in giro con quella porcheria!

Renzo: Ma ha 24 anni...

Mamma di Renzo: Me ne fotto che ha ventiquattro anni! Hai capito? Me ne stra-cata-fotto! E non sono ironica, sono imbestialita!


*Zanna: ciarlatana, zingara, vagabonda.
**Vastasa: facchina, metaforico: zoticona, delinquente.
***Futtatìnni: frègatene, lascia perdere.

venerdì 10 ottobre 2008

Social shopping


«L'aumento della pasta Barilla e De Cecco è SPECULATIVO. Noi non aumenteremo il prodotto ma limiteremo l'assortimento al minimo. PUOI COLLABORARE NON COMPRANDO IL PRODOTTO.»

Volantino affisso da un negoziante di Milano e segnalato da minimarketing.

giovedì 9 ottobre 2008

Genìa di debitori


«L'odierna stretta creditizia non è risultato del fallimento delle banche. Al contrario, è il frutto del tutto prevedibile, anche se nel complesso inatteso, del loro straordinario successo: successo nel trasformare una enorme maggioranza di uomini e donne, vecchi e giovani, in una genìa di debitori. Perenni debitori, perché si è fatto sì che lo status di debitore si auto-perpetui e si continuino a offrire nuovi debiti come unico modo realistico per salvarsi da quelli già contratti. Entrare in questa condizione, ultimamente, è diventato facile quanto mai prima nella storia dell'uomo: uscirne non è mai stato così difficile. Tutti coloro che erano nelle condizioni di ricevere un prestito, e milioni di altri che non potevano e non dovevano essere allettati a chiederlo, sono già stati ammaliati e sedotti a indebitarsi. E proprio come la scomparsa di chi va a piedi nudi è un guaio per l'industria calzaturiera, così la scomparsa delle persone senza debiti è un disastro per l'industria dei prestiti

Tratto da un articolo di Zygmunt Bauman, da leggere con attenzione.

mercoledì 8 ottobre 2008

I menù al tempo della recessione #1


Recessione. Inflazione. Guide al supermercato meno caro. Farmer market, versione bidone e versione migliorata. Obesità da crisi economica.

NB: Obesità da crisi economica, ovvero: ingrassare a causa della povertà.

Penso che una cosa del genere possa accadere solo nell'occidente di oggi. Mio nonno si starà rivoltando nella tomba. Molti morti di fame si staranno rivoltando nella tomba. Ma tant'è.
Il rischio di mangiar male è reale. Occorre attrezzarsi, sgranare gli occhi sui cartellini, scegliere gli ingredienti con cura.

Comincia una nuova rubrica: I menù al tempo della recessione. Non sorprendetevi di trovare gli ingredienti prima del nome del piatto.

Ingredienti:

-360 gr sarde: 1,80 euro
-rucola 100 gr: 40 centesimi
-10 champignon: non quantificabile
-1 melanzana grossa: 60 centesimi
-5 noci: non quantificabile
-1/4 di melograno: 40 centesimi
-100 gr di "grana" piemontese: 60 centesimi (il "grana" piemontese è un grana prodotto appena fuori dall'area di tutela del grana padano. Ricordate i "pachino" non IGT di Vittoria?)

totale: 3,80 euro, per due persone.

Arrotondo a 5,00 euro, considerando l'olio, l'aceto, la pasta d'acciughe, i non quantificabili e la salsa al basilico.

Con questa roba ho preparato un:

sashimi di sarde à la sicule,
parmigiane di sarde,
insalatina di rucola, noci, champignon e melograno.

Ho desquamato le sarde, poi le ho eviscerate e le ho deliscate aprendole a libro con le dita. Le ho lavate con cura.

Ho preparato un intingolo con un cucchiaio di pasta d'acciughe, un cucchiaio di olio di oliva aromatizzato all'aglio e peperoncino, 2 cucchiai di aceto balsamico e un filo d'acqua fino ad avere la densità giusta e ho emulsionato con un frullatore a manovella. Frrrrrr! Così ho risparmiato pure sulla corrente.

Ho soffritto 6 fette di melanzana e le ho asciugate.

Le sarde crude sono state semplicemente spellate e condite con l'intigolo.

Ho assemblato le parmigiane nello stampo per muffin, alternando fette di melanzana, 2 filetti di sarda scottati, grana grattuggiato e 1 cucchiaio di sugo al basilico (un fondo di frigorifero), per un totale di tre strati. Ho cotto in forno per 20 minuti, più 5 minuti di grill alla fine.

L'insalata ricca sembra in contraddizione con l'idea di menù da crisi economica, in realtà melograno, champignon e noci erano rimasugli, quindi si tratta di sacrosanto riciclaggio.

Lucia: Sarde... crude poi.... Amore, sai che le sarde, proprio non ce la faccio... scusa eh?

Renzo
: Fa niente, mangio io.

Lucia
: Hai fatto qualcos'altro?

Renzo
: Ehm, ci sarebbero queste...

Lucia
: Uh! La parmigiana! Amore, ti adoro!

Renzo
: Guarda che dentro ci sono anche delle sar...

Lucia
: Buonissima! La prossima volta lava meglio gli utensili però, si sente l'aroma della sarda!

Renzo
: Eh? Ah, sissì.

Lucia
: Dicevi? Cos'hai messo dentro? Qual è il segreto dello chef? Ammoremio, che uomo da sposare!

lunedì 6 ottobre 2008

Quest'hamburger ha 12 anni


Una tizia, una tale Karen Hanrahan, che si definisce "wellness educator" e "nutrition consultant", riporta su un popolarissimo post che un hamburger di Mc Donalds è rimasto intatto dopo 12 anni. Ne deduce che "è cibo chimico" e che "non contiene nutrienti". E per aggravare ulteriormente la posizione del panino (già pesantemente compromessa) aggiunge perfidamente: è clonato.
Ci sono alcune cose che mi convincono poco, in quel post.

Esattamente cosa intende per cibo chimico?

a) cibo costituito da "sostanze chimiche" che mimano la consistenza e il sapore della carne? E io credevo che gli hamburger di Mc Donalds fossero fatti banalmente con della cattiva carne. A parte lo scherzo, questa è fantascienza. Non esiste un simile cibo chimico.

b) probabilmente la nutrition consultant intende che l'hamburger è intriso di conservanti. Teoricamente non è impossibile. Ma allora mi chiedo: perché un'azienda dovrebbe sprecare denaro ed esporsi al rischio di denunce, allo scopo di conservare a lungo un cibo destinato al consumo immediato? Non è più semplice utilizzare carne scadente?


Secondo la wellness educator, l'hamburger "
non contiene nutrienti".

L'hamburger della foto è una polpetta arrostita tra due fette di pane, niente insalata e niente salse. Ci si aspetta che contenga proteine, carboidrati e grassi, nient'altro. Non ci si dovrebbe attendere niente di meglio neanche da una polpetta di scottona tra due fette di pane pugliese dop. Se vuoi le vitamine dovresti mangiare una fiorentina al sangue, magari con dell'insalata: in un hamburger ben cotto come quello, alcune sono andate in fumo con la cottura, altre nei dodici anni successivi. E ci mancherebbe altro.

PS
Nel mio piccolo, ho visto una fetta di tacchino troppo cotta resistere tre mesi senza ammuffire.


(Via Blogeko)