martedì 16 ottobre 2007

Il tramonto del linguaggio e la sovrainterpretazione

Da Seia c'è un dibattito che mi diverte sempre.
(Nota: conosco solo due persone con delle vedute DIAMETRALMENTE opposte dalle mie. Una l'ho sposata il 10 agosto 2007, l'altra è Seia, e sta per sposarsi anche lei. Mi piacerebbe conoscere il promesso).


Anche io mi sono imbattuto in una frase che mi ha causato l'orticaria. Eccola.

"Con lo smarrimento della finitezza dell'uomo si smarrisce anche la sua originaria relazione all'essere, infatti proprio perché l'uomo è finito non produce la manifestazione dell'essere dell'ente, ma lo lascia essere integralmente così com'è, nel suo irriducibile accadere. L'essere infatti si dà (es gibt) solo dove è disposto un accoglimento, ma dove l'accoglimento è soppresso, come nel caso di Hegel, allora ciò che si dà non è l'essere, ma ciò che l'uomo dice dell'essere."

Umberto Galimberti - Heidegger, Jaspers e il tramonto dell'Occidente - Il Saggiatore.

Ora. Che motivo c'è di abusare di una parola vaga come "essere", senza mai spiegarne il significato? E che dire della parola "ente"?
Non basta dire "l'uomo non può sapere tutto delle cose, ma può coglierne solo un senso provvisorio e circostanziato"?

Perché inventarsi un'entità misterosofica (l'essere) e un corpo contundente non identificato (l'ente)? Che bisogno c'è di tradurre "si dà" in tedesco? Che bisogno c'è di dire che "l'uomo non produce la manifestazione dell'essere dell'ente"? Io del resto me ne guardo bene, dal fare simili porcherie.

Ormai il libro l'ho comprato, l'ho letto, l'ho persino digerito. Ma una cosa devo farla. SCONSIGLIARNE L'ACQUISTO.

Perché trovo stupido esprimere concetti complessi in modo astruso. Ma esprimere concetti semplici in modo astruso è veramente disonesto. Ed esprimere concetti banali in modo astruso è terribilmente perverso.

Nessun commento: