martedì 25 settembre 2007

Rosario Rannisi, ovvero: il reality è morto, viva l’irreality!

Leggo l’ultimo post di leonardo e sbotto in un moto di ribellione.

È arrivato il momento di fare outing e dichiararmi spettatore d’irreality. Altrimenti i barbogi critici si ostineranno a credere che i reality sono seguiti solo da sciampiste pettegole e bacchettone.

Il fatto è che sono stanco di sentire cose come “
I reality sono Roba da Guardoni”, o “I Reality sono un Esperimento Sociologico”. Oppure che sarebbe giusto vincesse il più bravo (lo dice Marta Cinti su Left Wing).

Ma Leonardo dice: “No! Forse all’inizio era così. Ma adesso abbiamo capito cos’è veramente un reality. A diversi anni di distanza possiamo dire che (rullo di tamburi):

“I reality sono gossip televisivo”?
“Gli spettatori di reality sono dei bacchettoni”?

Ma no!
Andiamo per ordine. La molla è scattata guardando
"La fattoria”, edizione 2006, l’edizione vinta da Rosario Rannisi. La fattoria era un VIP reality. Guest star dell’edizione 2006: Katia Ricciarelli, nientemeno. La star internazionale, la cantante lirica, mica una soubrettina qualsiasi.
Aristocrazia dello spettacolo.
E Rosario Rannisi? “Mai sentito”, si saranno detti i VIP, al suo arrivo.
Infatti il nostro eroe è uno sconosciuto, appena cacciato dal “Grande Fratello”.

Ma perché gli autori decidono di mandare Rosario tra i VIP?

Be’, perché è divertente. Si aspettano una reazione esagerata, e questa puntualmente arriva.
Rosario vuole vincere e i VIP gli fiutano addosso un odore di riscossa che per loro nobili narici è tanfo di plebaglia. La reazione è scomposta, un tripudio di “chi ti credi d’essere”, “non sai chi sono io”, “mascalzone”, “vile marrano”.

Ma Rosario è furbo e Rosario vince.

Il plebeo furbo e arrivista che fotte i nobili decadenti e inetti: un luogo narrativo molto visitato dagli scrittori. Nel "Gattopardo", il campiere Calogero Sedara piano piano frega terre e soldi al suo padrone, troppo distratto da donne e gioco.

Voglio dire: qua di "reality" c'è rimasto poco. Solo la spontaneità e l'improvvisazione degli attori. Gli autori sanno a cosa vanno incontro, quando mandano un signor nessuno dal sorriso strafottente a
dare del tu alla Ricciarelli. Un signor nessuno che le cinge la vita e le dice “senti, Katia” in un orecchio.
Questo è un canovaccio, questa è commedia dell'arte.
Questa è, e vuole essere una messa-in-scena, non ha nulla a che vedere con la vita vera dei protagonisti.

Certo, il pubblico è anche un po’ guardone, ammettiamolo. E un reality è un po’ gossip. Proprio come la Divina Commedia. E gli spettatori sono veramente assetati di lacrime e sangue, proprio come i lettori dell’Iliade. Ma l’Iliade e la Divina Commedia non si possono ridurre solo a questo. E neanche i reality. Il
pubblico resta se ci sono anche i contenuti, se c'è una storia da raccontare.

Buona visione.

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